Il tutù
Il termine “tutù” ha un’origine piuttosto spiritosa. Dietro al richiamo tipicamente infantile del suono, infatti, si cela un significato altrettanto simpatico. In francese, la parola “tutu” è un vezzeggiativo per indicare il fondoschiena, la parte del corpo su cui si poggia la parte più vaporosa dell’indumento e molti spettatori maschili pagavano somme scandalose per avere il privilegio di avere i primi posti in teatro per poter “scorgere” qualche piccola nudità.
La danza classica è una disciplina che fonda le sue radici alla fine del Seicento, quando anche le donne riescono a salire per la prima volta sul palcoscenico ma costrette ad esibirsi senza alcuna libertà di movimento, indossando pesanti abiti con gonne stratificate, rigidi bustini e scarpe col tacco, più adatti alle feste in società che ad un palcoscenico.
primi accenni di ribellione rispetto ai costumi tradizionali comparvero proprio in questi anni, quando le due ballerine più importanti dell’epoca, Marie Camargo e Marie Sallé, scelsero di modernizzare l’abbigliamento, rendendolo più adatto a favorire e alleggerire i movimenti del corpo.
Le prime differenze rispetto al passato si tradussero soprattutto sul rifiuto di indossare quelli che erano piuttosto dei travestimenti, accantonando definitivamente maschere e tacchi alti. In seguito, anche gli abiti delle ballerine cominciarono ad alleggerirsi, preferendo delle leggere tuniche in mussola alle pesanti sottogonne seicentesche.
Celebre è soprattutto l’esibizione di Marie Sallé in “Les Caractères de la danse” nel 1729, quando la ballerina salì sul palcoscenico indossando semplicemente un leggero vestito in velo, con chiari rimandi alle tuniche indossate dalle donne dell’Antica Grecia, comportando una nuova, più moderna visione della danza classica.
Con il passare degli anni il tutù continuò ad alleggerirsi sempre di più, mantenendo tuttavia le forme originarie, con il corpetto scollato e la gonna piuttosto ampia.
L’esempio più classico della modernizzazione dell’abbigliamento femminile è rappresentato da un altro nome importante del balletto, la danzatrice italiana Maria Taglioni. La sua celebre esibizione del 1832 in “La Sylphide”, passerà alla storia per due motivi. Il primo è senza dubbio l’esecuzione della coreografia interamente sulle punte, per la prima volta in assoluto. Il secondo, invece, è legato proprio all’abbigliamento della Taglioni, che portò in scena un tutù disegnato appositamente per l’occasione dall’artista Eugéne Lami.
Lo stesso tutù verrà adottato per un altro spettacolo altrettanto romantico, la “Giselle”, incarnato prima dalla celebre Carlotta Grisi nel 1841 ed in seguito da molte altre importanti ballerine, tra cui la danzatrice russa Anna Pavlova.
Questo abito passerà alla storia con il nome di “tutù romantico”, apprezzato ed ancora utilizzato da molte ballerine soprattutto per gli spettacoli dalle atmosfere più sognanti.
Il tutù classico più corto venne negli anni 1880 con la nascita dei balletti "classici", tra cui Il lago dei cigni, La bella addormentata e Lo schiaccianoci. Maggiori esigenze tecniche significavano infatti gonne più corte per mostrare il sempre più complesso lavoro di gamba della ballerina.
Accanto al classico arriva anche il cosiddetto tutù "pancake" o "powderpuff" che ha un minimo di 8-10 strati di tulle. Ci sono anche tutù "a campana" più grandi che si appendono leggermente verso il basso per formare una silhouette a metà strada tra un tutù romantico e classico.
(Fonti: www.everydayballet.com, www.istitutoitalianoarteedanza.it)
***
The French dancers Marie Camargo and Marie Sallé, tired of the heavy stage costumes that forced them into narrow bodices and high-heeled shoes, lightened their dance starting from the stage costumes. Marie Camargo removed the high-heeled shoes and shortened the skirt and Marie Sallé removed the bulky structure of the skirt.